Con la partecipazione della più celebre coppia di Hollywood in veste di mascotte.

domenica 22 giugno 2014

Inferno - Facciamo le pulci a Dan Brown

Oggi voglio commentare l'ultima mirabolante avventura di Robert Langdon, Inferno.

Lo spunto è assai intrigante: il protagonista si risveglia in ospedale, a Firenze, lontano migliaia di chilometri da casa sua, senza ricordare un tubo di quel che gli è successo negli ultimissimi giorni, e si trova immediatamente alle prese con problemini non da poco: che cavolo ci fa lì? Chi è che sta cercando in tutti i modi di ammazzarlo, e perché? Cosa significano le misteriose visioni che gli appaiono appena chiude gli occhi? E che diavolo c'entrano l'Inferno di Dante e la fine del mondo?

Non si può negare a Dan Brown la capacità di suscitare l'interesse del lettore nei primi capitoli. Ma purtroppo il cocktail dell'ultimo romanzo dell'autore americano non cambia di una virgola rispetto ai successi precedenti, ingenuità narrative e colpi di scena forzati compresi!


Come in tutti i romanzi di Dan Brown, nonostante misteri, disavventure e rischi, di andare alla più vicina stazione dei Carabinieri non se ne parla, per cui Robert Langdon e la sua bella del momento devono destreggiarsi da soli tra messaggi segreti, passaggi segreti, associazioni segrete, scrigni con combinazioni segrete, agenti segreti ecc... in musei e città piene d'arte e di storia, e rischiare la vita tra criminali e sicari di ogni tipo.

Stavolta si lavora a Firenze, Venezia e Istanbul, anziché Parigi (Il Codice da Vinci), Roma (Angeli e Demoni) o Washington (Il Simbolo perduto), ma per il resto non cambia nulla, a parte il fatto che in palio c'è addirittura la salvezza del Mondo, altro che Sacro Graal e simile ciarpame.

Ad aiutare Superbob in questo romanzo è una geniale e misteriosa superdottoressa inglese, e gli antagonisti sono ben tre associazioni internazionali, di cui una è... segreta, e somiglia in tutto e per tutto alla Spectre di bondiana memoria. E poi c'è un supercattivo che, anche se Dan Brown non lo dice, probabilmente è originario di Gotham City, visto che dissemina indizi e sciarade da decifrare, apparentemente solo per permettere ai buoni di ricostruire i suoi loschi piani, proprio come fa Riddler con Batman nella serie anni '60 interpretata da Adam West. Ma attenzione: secondo il collaudato schema danbrowniano, gli amici in realtà sono nemici, anzi sono amici, anzi no. E i nemici in realtà sono amici, anzi sono nemici, anzi no. Il thriller di Dan Brown da questo punto di vista non funziona come i soliti thriller americani, in cui all'inizio non si capisce nulla e poi alla fine si scopre tutto. Con Danny le cose vanno alla rovescia: dopo pochi capitoli si capisce tutto (o si crede di capire tutto) e alla fine dopo un bel po' di colpi di scena, nessuno ci capisce più niente, a parte Robert Langdon, forse.

L'abilità dell'autore di sorprendere il lettore ogni cento pagine, creando un intreccio assurdo e incomprensibile è innegabile. Bisogna dire che i colpi di scena, però, sono più che altro dovuti agli inganni deliberati di un narratore onnisciente che, per sorprendere chi legge, ora gli nasconde dei particolari che rivelerà poi, ora alterna scene diverse in un ordine tale da fuorviarlo. Si tratta di una tecnica narrativa, se così si può chiamare, un po' scorretta.

Diciamo poi che ci troviamo di fronte a un romanzo che punta per il 90% sulla trama, per il 10% sul fascino dei luoghi di ambientazione, per lo 0% sulla credibilità e per un altro 0% sulla qualità narrativa. I difetti del romanzo insomma sono gli stessi dei romanzi precedenti di Dan Brown: i personaggi sono incredibili, le loro avventure impossibili e lo stile è goffo come quello di un principiante adolescente.

Mi spiego. Il punto di vista cambia spesso, seguendo vari personaggi, ma a volte lo fa in modo incontrollato all'interno dello stesso capitolo. Un esempio di estrema goffaggine, in proposito:

Sono in piedi, la schiena premuta contro la pietra fredda. Mi fissano, adesso, mi fissano negli occhi verdi e chiari (p.16).

In un brano in cui il punto di vista è quello di un ben preciso personaggio, che oltretutto parla in prima persona, il buon Danny ci infila la descrizione di un particolare fisico che appartiene al personaggio narrante, cosa davvero stridente, del tutto fuori posto.

Le descrizioni storiche e architettoniche, vere e proprie lunghe didascalie, marchio di fabbrica di Dan Brown, a volte vengono mascherate da ridicoli flashback (con Langdon che ricorda una sua vecchia conferenza) oppure addirittura infilate tranquillamente nel testo, in modo del tutto posticcio, nel bel mezzo di un dialogo, o mentre i protagonisti sono impegnati a salvare la pelle in modo rocambolesco. L'impressione è quella di un autore che scrive un romanzo tenendo la guida turistica e lo stradario aperti sulle ginocchia. Sì, in Inferno c'è una mini-guida turistica, e per il nostro turismo ci potrebbe anche essere una ricaduta utile. Però quelle descrizioni  si possono anche saltare a piè pari, con il che delle 700 pagine ne restano da leggere solo 500, e il romanzo ci guadagna di sicuro, ve lo dico io.

Solo uno degli innumerevoli esempi di goffaggine narrativa presenti nel romanzo:

- ... pare proprio che dobbiamo individuare un doge ben preciso.
- Forse... la tomba di un doge? - propose Sienna.
- Oppure una statua o un ritratto? - disse Langdon. - Sono secoli che non ci sono più dogi.
I dogi di Venezia corrispondevano più o meno ai duchi di altre città stato italiane, e oltre cento dogi avevano governato Venezia nel corso di più di mille anni, a partire dal 697. Il loro dominio era cessato solo alla fine del Settecento, con la conquista napoleonica, bla, bla, bla... (p. 427)

I personaggi, come dicevo, sono impossibili. Il capo della Spectre (qui si chiama Consortium) è sostanzialmente un criminale, ma, con improbabile dedizione, è disposto a qualsiasi sacrificio pur di rispettare le volontà di un cliente deceduto. L'Organizzazione Mondiale della Sanità si comporta come la CIA (d'altro canto l'Opus Dei era una specie di KGB nel Codice da Vinci). La misteriosa Sienna, che Langdon rimorchia in ospedale, ha un quoziente intellettivo superiore al massimo calcolabile, è in grado di interpretare in modo credibile qualsiasi ruolo e di improvvisare, e alla bisogna sa mettere KO una guardia giurata con un'imbattibile mossa di arti marziali.

E Robert Langdon? Professore universitario famoso in tutto il mondo, è giovane, bello, sportivo, scapolo. In poche parole, insopportabile. Su qualsiasi cosa lui ci ha tenuto un corso, ci ha girato un documentario o ci ha scritto una monografia, e in qualsiasi posto lui conosce il direttore. Ha talmente tanto culo che se gli sparano addosso, le pallottole rimbalzano da qualche parte e tornano indietro. Possibile che non abbia un difetto, che non abbia un problema? Ah, no, ecco qui, guarda: ha la claustrofobia, anche se ciò non gli impedisce certo di fare il James Bond o il Tintin in giro per il mondo. Va bene, va bene, ma al di là di questo, al di là cioè delle caratteristiche dell'eroe della saga, che uomo è questo Bob Langdon, cosa sappiamo di lui? Ah, ecco qui: porta da sempre un orologio di Topolino al polso.

Voi direte: rosichi, perché per ogni copia che vendi tu, Dan Brown ne vende un milione! E io vi rispondo: sì, è senz'altro così.

Concludendo: Inferno potete anche divertirvi a leggerlo sotto l'ombrellore, e se vi annoiate, saltate pure le descrizioni storico-artistiche e guadagnerete tempo per farvi un bagno in più. Ma se cercate un bel romanzo, cercate altrove. Cerca trova. Catrovacer.

Nessun commento:

Posta un commento