Con la partecipazione della più celebre coppia di Hollywood in veste di mascotte.

lunedì 18 dicembre 2017

Il momento esatto

C’è un pensiero, che ho fatto molti anni fa, quando ero bambino, ma che mi ricordo benissimo. Dovevo avere circa tre anni, e avevo notato di vivere a un’altezza molto più bassa rispetto agli adulti, che operavano a un livello superiore e quasi sempre separato dal mio. La mia posizione naturale, infatti, era col naso all’insù, costantemente, per guardare i grandi e tentare di interagire con loro.


Strani, i grandi: le loro teste vivevano in quel mondo sopraelevato, a pochi centimetri dal soffitto, e quando parlavano tra loro potevano guardarsi senza abbassare né alzare lo sguardo. Come vedevano il mondo da lassù? Mi sembrava una cosa strana che dovessero abbassare lo sguardo, per vedere noi bambini, il pavimento, il gatto... Strano, eppure doveva essere così! 
Quando diventerò grande, sarò anch’io così alto? Dovrò anch’io guardare tutto da su in giù, anziché da giù in su? Stranissimo, pensavo, eppure anche in questo caso dovrà essere così. Ma ci vorrà tantissimo tempo, prima di arrivare fino al soffitto.
A casa dei miei nonni materni c’era un soggiorno occupato quasi per intero da un lungo tavolo di legno, teatro di allegre riunioni di famiglia quali: mangiate di polenta − secondo la tradizione del paese dei miei nonni, veniva stesa su una spianata di legno e mangiata in modo promiscuo − e poi cene di Natale, pranzi di Capodanno, partite a tombola e a sette e mezzo... Poiché ero molto più basso del tavolo, quando me ne andavo in giro per la sala ne vedevo sempre la parte inferiore. Né io né il gatto potevamo sapere cosa c’era sulla tavola, se non arrampicandoci su una delle enormi sedie.
Allora decisi che quando i miei occhi sarebbero arrivati all’altezza del tavolo, quando avrei potuto finalmente scorgere la parte superiore, allora, in quel preciso momento, avrei saputo che ero diventato grande anch’io. Mi sembrava che potesse essere una tappa importante: non potevo mica aspettare di arrivare fino al soffitto. Per un po’ m’impegnai, mese dopo mese, a verificare la mia situazione rispetto al tavolo della sala da pranzo dei nonni. Ma poi mi dimenticai di quel pensiero, e quando, molto tempo dopo, mi ritornò in mente, ormai superavo il tavolo nettamente, e ne vedevo la parte superiore, apparecchiata a festa, senza difficoltà. Ero grande, ma mi ero perso il momento preciso in cui lo ero diventato, quel momento in cui avevo raggiunto esattamente l’altezza del tavolo. Che delusione: lo avevo postulato come spartiacque, ma lo avevo mancato.
Anni e anni dopo mi sono chiesto se non sarà così anche per il momento in cui mi renderò conto di esser diventato vecchio. Forse un giorno mi guarderò allo specchio e ci vedrò un vecchio decrepito, e penserò:
− Mannaggia! Mi sono distratto di nuovo: mi sono perso il momento preciso in cui sono diventato vecchio!
In ogni caso, è da un bel po’ che non mi guardo allo specchio. Non si sa mai.

3 commenti:

  1. Hai scritto in modo originare e piacevole come passa il tempo,questa è la vita...OK...

    RispondiElimina
  2. Come per l'altezza del tavolo che indicava il raggiungimento dell'età adulta bisogna stabilire un elemento che indichi l'arrivo della vecchiaia, che so, una tacca nel muro che oggi si vede senza occhiali e domani non si vede più...
    Brrrr che tristezza, mi sono fatta paura da sola. Meglio rimanere sempre gggiovani.

    RispondiElimina
  3. Ieri finalmente mi sono guardato allo specchio, e ci ho visto qualcuno che non mi aspettavo proprio. "Nonno!" ho detto. "Che ci fai nel mio specchio?" E lui: "Che ti frega? Fatti i cazzi tuoi!"

    RispondiElimina