Con la partecipazione della più celebre coppia di Hollywood in veste di mascotte.

domenica 4 febbraio 2018

Un Pub tra i fiordi - Intervista a Heine Bakkeid... e Thorkild Aske

Ciao a tutti! Sono appena tornato dalla Norvegia. Sono volato fin lassù per intervistare un autore scandinavo di successo e tra i più promettenti: Heine Bakkeid, il cui romanzo L’Occhio del faro è stato recentemente pubblicato anche in Italia. In questo romanzo fa il suo debutto un antieroe molto interessante chiamato Thorkild Aske. Sapevo che sarebbe stato un viaggio interessante, ma non avevo idea di quanto!





UN PUB TRA I FIORDI 

Intervista a Heine Bakkeid ... e Thorkild Aske 




Non so leggere l’insegna, ma stavolta  l'indirizzo dovrebbe essere quello giusto. Spero proprio di aver trovato il pub, perché questa pioggerellina che sa di mare è antipatica come poche. Forse per i norvegesi questa una è bella serata, ma io... Se non vado subito dentro diventerò un merluzzo surgelato. Questa è la terra del sole di mezzanotte, no? Già, però adesso è febbraio, sono le cinque del pomeriggio, e di sole non ce n’è traccia: il cielo è grigio e scuro come un gatto norvegese delle foreste.

Entro nel locale e immediatamente tutto passa dal grigio al marrone scuro. Luci soffuse, legno ovunque. Un vecchio col cappello da marinaio è al bancone. Si gira verso la porta e mi lancia uno sguardo sospettoso, poi ricomincia a chiacchierare col barista. Heine Bakkeid è seduto a uno dei tavoli infilati tra i separé di legno. Lo riconosco dalla foto. Mi sorride e alza, a mo’ di saluto, un boccale di birra. Vado a sedermi con lui, e subito qualcuno mi fa scivolare davanti un altro enorme boccale di Mack.

HB: Benvenuto! È un po’ che ti aspetto.

Davanti a me c'è un bell'uomo dai capelli scuri, sui quaranta. Mi dispiace di aver confermato il solito stereotipo dell’italiano che arriva sempre in ritardo.

GG: Ho avuto un problema col taxi: devo aver pronunciato male l'indirizzo, e mi ha lasciato nel posto sbagliato. Così all’inizio ho sbagliato pub, e poi, quando finalmente me ne sono accorto, ho dovuto camminare un bel po’.

HB: Nessun problema, è una bella serata per passeggiare.

GG (rabbrividisce): Oh, sì.

HB: Allora, iniziamo?

GG: Ok. Heine Bakkeid, al momento l'unico tuo romanzo pubblicato in Italia è L’Occhio del faro, il primo di una serie con protagonista Thorkild Aske. Tutto sommato sappiamo poco di te. Forse qualcuno ti immagina vivere e lavorare da solo, rinchiuso in una vecchia casa isolata, a strapiombo su un mare perennemente in tempesta... Forse invece semplicemente ogni mattina ti alzi, porti i bambini a scuola, e vai in ufficio... Che tipo sei?

HB: Vorrei avere una base segreta sotto il mare, lì sì che lavorerei bene. Ma la realtà è proprio che ogni mattina mi alzo, metto su il caffè, mi siedo alla scrivania, bevo il caffè e mi metto al lavoro. Poi a mezzogiorno mi prendo un’oretta di pausa: faccio una passeggiata, faccio jogging oppure vado a sciare. Le uniche cose che mi interessano davvero sono il mio lavoro e la mia famiglia. Tutto il resto non conta molto. A volte vorrei essere un tipo più interessante, o avere un hobby interessante, tipo collezionare piume di uccelli morti o qualcosa del genere... Ma non ho tempo, o forse mi manca la motivazione.

GG: Prima di passare al thriller per adulti, hai lavorato a una serie, purtroppo ancora inedita in Italia, di romanzi horror per ragazzi. Vuoi parlarci di questo e degli altri tuoi lavori precedenti?

HB: Da giovane ero un po’ presuntuoso, volevo distinguermi dagli altri con il mio primo romanzo, quindi ho esordito con uno Young Adult la cui premessa era: cosa succede se si mescola il mondo di ”1984” di George Orwell e quello di ”Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams? E quello fu il mio debutto come scrittore. Il romanzo mi fa ancora ridere perché è folle... mi fa ancora... che stavo dicendo? Ad ogni modo, in seguito scrissi una serie di romanzi storici horror, sempre per ragazzi, intitolata ”The Chronicles of Dr. Schnabel von Rom”. Questo è stato il mio omaggio alle vecchie serie Pulp degli anni '20 e '30 come "The Weird Tales". Ho ambientato questa serie al’epoca dell’illuminismo, quando grazie al progresso degli studi anatomici, della medicina e della scienza, la gente iniziava a mettere in discussione gli insegnamenti della Chiesa. In quel contesto per me si possono trovare  tutti gli elementi del romanzo horror classico. Come avrai capito, io sono un horror-dipendente: adoro l’horror, qualsiasi forma assuma. Anche come scrittore di gialli. Per me, i mostri, anche quelli della letteratura, sono le manifestazioni fisiche di quel che vive nel profondo del nostro animo, ecco perché ci spaventano. Ma è per questo che abbiamo bisogno di loro: ci ricordano che senza di loro non c'è amore, amicizia o felicità. È dai nostri mostri che ci viene il bisogno di stare insieme, in un certo senso sono loro che ci avvicinano agli altri e ci rendono più forti. Almeno questo è quel che mi dice il mio lato altruista.

GG: Come hai sviluppato la passione per la scrittura, e come sei arrivato al lavoro di scrittore?

HB: Beh, io sono cresciuto in un posto stretto tra il fiordo e le montagne, cinque case in tutto. In inverno fuori era completamente buio, si sentivano solo i suoni della natura e del mare. Leggevo un sacco di libri, che alimentavano la mia immaginazione, sognavo ad occhi aperti. Ma non avevo mai pensato di farne una carriera, finché non sono arrivato a studiare programmazione, Java, C ++ e quel genere di cose lì. Che palle! Volevo prendermi a martellate. Quindi una notte che non riuscivo a prender sonno, ho deciso di mandare tutto affan****, mi sono alzato, ho acceso il computer e mi sono messo a scrivere proprio una di quelle scene che mi impedivano di dormire. La cosa divertente è che il personaggio che avevo evocato dal subconscio altri non era che Thorkild Aske. Fu proprio lui il primo personaggio che venne a trovarmi. Ma ero ancora troppo giovane, e decisi che non avrei puntato su di lui finché non fossi stato abbastanza grande da capirlo, e da poter scrivere di un uomo come lui. Nel frattempo iniziai comunque a scrivere, tutto quel che mi veniva in mente, e ho continuato a scrivere tutte le sere. Quando ho completato gli studi, mi sono ritrovato con un romanzo completo, e avevo finalmente scoperto cosa volevo fare nella vita, e non era programmare o sviluppare sistemi, ma scrivere storie. Il mio primo romanzo è stato pubblicato poco più di un anno dopo. Ed eccomi qui.

GG: Quali sono le tue letture preferite? Quali erano da bambino, e poi da ragazzo? A quali autori ti ispiri, se ce ne sono? E che tipo di autori vorresti essere tu a ispirare in futuro?

HB: Da piccolo leggevo tutto quel che trovavo, e non sapevo nemmeno un libro di che genere fosse. Non c’era nessuno con cui potessi parlare di letteratura. Poi le mie letture preferite furono i libri di scienze e di storia, i romanzi polizieschi, pulp, horror, le storie sulla seconda guerra mondiale e i fumetti. Il mio autore preferito è da sempre il genio norvegese André Bjerke, che ha scritto sia libri per bambini che per adulti. Per il mio universo di fantascienza mi sono ispirato a Bjerke in quanto a personaggi e atmosfere e a Jo Nesbø in quanto a sfrontatezza. Nel mio lavoro mi sforzo di essere il più mainstream possibile, ma di solito non riesco a nascondere il mio lato oscuro. Riguardo poi a chi mi piacerebbe ispirare tra i futuri scrittori... Beh, se un giorno ci fosse un nuovo Poe, un nuovo R.E. Howard o un nuovo Lovecraft che dice che è stata l’opera di HT Bakkeid a spingerlo a iniziare a scrivere, sarei felice da morire. Perché oggi gli scrittori gotici e fantastici sembrano quasi svaniti...
  
GG: Torniamo a Thorkild Aske. Gli hai già dedicato un secondo romanzo, ancora inedito in Italia. Che tipo di relazione hai con lui?

HB: Come ho detto, è stato il primo personaggio che è venuto a trovarmi. Ho un'immagine, nella mia mente, che riassume un po’ la nostra relazione: siamo noi due, seduti in un bar, schiena contro schiena; non ci parliamo, siamo con altre persone. Poi il bar chiude, noi ce ne andiamo e camminiamo, sempre senza parlare. Saliamo una lunga serie di scale, fino a un appartamentino trasandato. Entriamo nello studio, io mi metto al computer e lui sprofonda nel divano. Quindi lui inizia a parlare, e io a scrivere. È come se avessimo fatto questo patto (un patto col diavolo): lui si sfoga raccontando la storia della sua vita, liberando i suoi demoni, e io divento lo scrittore che avevo sempre sognato di essere. Un buon affare per entrambi.

GG: I lettori che hanno già incontrato Thorkild in L’Occhio del faro, cosa devono aspettarsi dal romanzo successivo?

HB: Ho in progetto una serie su Thorkild Aske. Da giovane, quando leggevo i polizieschi classici, con l’immancabile investigatore privato che cerca di risolvere un mistero, ho notato che iniziavano più meno tutti allo stesso modo, col personaggio principale seduto alla sua scrivania. E questi personaggi avevano tratti simili: erano uomini malandati e disadattati. Dei naufraghi, quasi, messi in un’angolo dalla società e dall'alcolismo. Eppure erano caparbiamente votati alla risoluzione del caso che avevano davanti, a ogni costo.  Mi sono sempre chiesto come fossero diventati così. Nei cinque libri su Thorkild Aske vorrei proprio che i lettori fossero testimoni di questa trasformazione, della metamorfosi che, attraverso la sofferenza, porta chi prima era un membro funzionante della società − tanto che lavorava come specialista, esperto di interrogatori, nella polizia − a diventare un emarginato. Quindi il mio amico signor Aske ha ancora molto da pedalare, fra alti e bassi, prima che lui (e i lettori) arrivino alla fine. Nel secondo libro, Thorkild Aske viene ingaggiato da una famosa scrittrice di romanzi polizieschi a cui è scomparso il manoscritto dell’ultimo romanzo; la cosa finisce per assomigliare in tutto e per tutto a un caso di scomparsa di una persona reale. Aske scopre subito che chi lo ha preceduto nell’indagine, anche lui un ex agente di polizia, è stato fatto fuori appena uscito dalla casa della scrittrice... E in tutto questo, Ulf, il suo psichiatra, gli ha tolto tutte le sue amate pillole.

GG: Ti diverti quando metti Thorkild in situazioni pericolose e imbarazzanti?

HB: No, no, ti assicuro di no, povero Thorkild. Io non rido mai delle sue disgrazie... Rido solo per la faccia che fa! Ah, ah, ah!

GG: Vuoi parlare dei tuoi progetti futuri?

HB: Assolutamente no.

Poi Heine sorride, indica il boccale vuoto (il mio è ancora mezzo pieno e già mi sento un po’ sbronzo) e fa:

- Scusami un attimo, devo andare in bagno. Sai, mentre ti aspettavo mi sono già fatto una birra, questa per me era la seconda.

Non appena si alza e si incammina verso il corridoio, un uomo magro, che evidentemente era sempre stato seduto dietro Heine, al di là del separé, scivola rapidamente al suo posto e si mette l’indice davanti alla bocca:

- Sssst. Ho pochissimo tempo. Sono Thorkild Aske.

- Chi?

- Thorkild Aske. Quello di cui scrive quel tizio. Io lo uso come una specie di psicoterapia, e lui ci fa i soldi. Te l’ha appena detto, no?

Ora, nella penombra, distinguo alcune cicatrici su un lato del suo viso, proprio come è descritto nel libro. Se Thorkild Aske esiste davvero ed è questo che ho davanti, sono seduto di fronte a un uomo imprevedibile. Se non esiste, e questo è un mitomane, le cose non cambiano poi di molto: sempre seduto di fronte a un pazzo sto. L'uomo estrae un flaconcino dalla tasca e manda giù una manciata di pillole, senz’acqua. Il dottor Ulf non sarebbe d'accordo, probabilmente. Quindi dice:

TA: Beh? Non vuoi intervistare anche me?

Penso in fretta, prendo fiato e sparo:

GG: Quel che è scritto nei libri è tutto vero? Riesci ancora a vedere Frei? La ami ancora? Riuscirai a tornare alla realtà o continuerai a rifugiarti in un sogno? Tua sorella...

TA: Non ti dirò niente.

GG: Eh?

TA: Leggi i libri, se vuoi, e cerca di capire da te cos’è vero e cos’è inventato. Non sono qui per essere intervistato.

GG: Ma allora...

TA: Sono qui per metterti in guardia. Quell'uomo, Bakkeid... Non fidarti di lui.

GG: Che... Che vuoi dire?

TA: La tua recensione: non gli è piaciuta. Ci sei andato giù troppo duro. Lo hai fatto incazzare di brutto. Non lo avevo mai visto così, prima.

GG: Ma... Ma io...

TA: Tu hai scritto che il personaggio principale è indimenticabile, sì, è vero, ma hai anche scritto che tutto il resto non è poi un gran che. E il personaggio sono io, quindi non è mica merito suo, no? E non hai scritto neanche una parola sullo stile diretto e incisivo di Heine.

Cazzo, è vero! Ho completamente dimenticato di parlare dello stile, in quella recensione. Provo a ribattere:

GG: Ma... ho anche scritto che l’ambientazione...

TA: Sciocchezze. Lui non lo dà a vedere, ma quella recensione gli ha fatto ribollire il sangue, te lo dico io. Quindi non fidarti di lui. Quella birra... ha forse un sapore strano?

GG: Io... io non lo so!

TA: Dammi qua...

Allunga la mano verso il mio boccale, ancora mezzo pieno, ma subito la ritira, si alza e scompare di nuovo dietro il separé. Il cigolio di una porta e i passi sul pavimento annunciano il ritorno di Heine. Poco dopo lo scrittore è di nuovo seduto al suo posto.

HB: Eccomi! Dove eravamo rimasti?

A questo punto dovrei chiedergli: ”Thorkild Aske esiste davvero?” ma quell'uomo è seduto proprio dietro di lui. Quindi spero che Heine non si accorga del mio imbarazzo, e proseguo, come se nulla fosse:

GG: Di solito, come scrivi? Hai qualche rituale, luogo o oggetti speciali, legati al tuo lavoro di scrittore?

HB: Scrivere una storia all’inizio è un po’ come sognare. Sei solo, in un luogo dai contorni confusi, le facce delle persone sono sfocate, non sai come sei arrivato lì e dove stai andando. Credo di poter scrivere quasi ovunque, mi basta escludere il resto del mondo, in modo da restar solo lì, con i personaggi. Sono completamente inutilizzabile per tutti gli altri, quando sono in quella fase. A volte, se sono concentrato su di una specifica scena, mentre scrivo ascolto musica.

GG: Hai un lettore ideale? Una persona particolare che, mentre scrivi, immagini che leggerà le tue parole?

HB: Quando inizio a scrivere un libro è solo un affare tra me e i personaggi. Non penso mai a cosa diranno i lettori di questo o di quello, io non sono il tipo che si sforza di scrivere solo quel che pensa possa piacere agli altri. Io devo scrivere le mie storie come sono, anche se capisco che una certa scena o una certa opinione espressa da un personaggio non piaceranno a tutti. Quindi il mio lettore ideale è qualcuno che lascia che la storia lo porti dove lo deve portare, uno che vuole affidarsi al viaggio con fiducia. A volte credo di attraversare i confini dei vari generi e sottogeneri, e voglio che i miei lettori mi seguano in questo. Eppure mi interessa ancora profondamente ciò che i miei lettori pensano del mio lavoro. Voglio che a loro piaccia, perché spero che anche loro si appassionino allo stesso tipo di letteratura che amo io.

GG: Esiste attualmente una vera e propria moda che riguarda i thriller scandinavi. In Italia anche quelli scritti da autori non scandinavi sono confezionati con titoli evocativi e copertine dal sapore invernale, con neve, boschi e scogliere. Perfino il lettering cerca di imitare quello dei thriller nordici più famosi. Tu che ne pensi?

HB: Le cose fatte in serie mi annoiano. Preferisco un pizzico di stranezza, preferisco l'avanguardia. Non fa per me combattere per qualche briciola di mediocrità, − sorride. − Ecco perché mi trovo benissimo in compagnia di me stesso, e mi piace quel che scrivo.

GG: L’Occhio del faro è ambientato in Norvegia, ma, indirettamente, anche in Danimarca e Islanda. Conosci bene questi paesi? Dove si svolgeranno le prossime avventure di Thorkild Aske? Dove saranno ambientati i tuoi prossimi romanzi?

HB: Nelle prossime avventure di Thorkild Aske visiteremo insieme Islanda, Svezia e Russia. E naturalmente la desolazione fredda e spietata del nord della Norvegia...

GG: Sei del tipo social, sempre con uno smartphone in mano, sempre a mettere like o a condividere qualcosa in rete, o sei vecchio stampo, del tipo che usa il telefono per parlare, e scrive le lettere su carta?

HB: Beh, penso di essere una via di mezzo. Sicuramente mi piacciono molto i miei gadget, ma ho dovuto cancellarmi da Facebook e Twitter, perché mi facevano perdere troppo tempo. Uso Instagram e ho la mia pagina web. Penso che questo basti.

GG: Non mi resta che salutarti e augurarti buona fortuna per la tua carriera di scrittore, appena arrivato al successo internazionale.

HB: Grazie mille! Ma... non la finisci la tua birra? Che c’è? Non ti piace?

GG: È... È buonissima, sono io che non sono un grande bevitore. Arrivederci!

Ci stringiamo la mano. Provo a camminare dritto verso l'uscita. Sono di nuovo all’aperto nel grigio scuro. E non è vero che non sopporto la birra, ma questa volta mi gira la testa, davvero. Non mi sento affatto bene. Chissà se...

- Ehi, tu!

È il vecchio marinaio, quello che ho già visto al bar. A quanto pare mi stava aspettando fuori.

- Dico a te: vuoi saperne di più su questa storia?

- Che storia?

- Se non sei troppo debole di stomaco e vuoi sapere come sono andate veramente le cose, io posso aiutarti. Ma dobbiamo salpare subito. Tra non molto, la marea... A proposito, tu sai fare le immersioni?

Mentre il vecchio ancora sta parlando, vedo un’ombra avvicinarsi. È ancora Thorkild Aske, o meglio, l'uomo che ha detto di chiamarsi così.

No, no, no. Non lui. No. Non mi lascerò coinvolgere in un thriller scandinavo anch’io! Personaggi di un romanzo... Preferisco leggerli piuttosto che incontrarli di persona! Voglio tornare a casa, se ci riesco. Giro le spalle e me ne vado, cercando, per quanto possibile, di camminare dritto.




Mille grazie a Heine Bakkeid per esser stato al gioco e per aver autorizzato i cameo di alcuni dei personaggi del suo romanzo. Mille grazie anche a Berit Ness Johnsen che mi ha dato qualche dritta utile per rendere credibile l'ambientazione, tanto che a volte credo anch’io di esserci stato per davvero da qualche parte lassù, nel nord della Norvegia. E forse ci sono stato.


3 commenti:

  1. Grazie per avermi riportata nella mia terra natia! Complimenti, gustosissima intervista!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ci voleva l'intervista a un vichingo per riportarti da queste parti! Bentornata!

      Elimina
  2. Grande fantasia ben scritta ma i personaggi preferisco leggerli piuttosto che incontrarli di persona ...OK...

    RispondiElimina